Abbiamo dato voce a un popolo di sognatori


Il sogno è una straordinaria esperienza psichica che si ripete ogni notte nelle profondità del sonno, un'esperienza di narrazione surreale, a volte anche creativa, che riguarda i temi archetipici che più ci attanagliano nella quotidianità. Raramente ricordati, stupiscono perché ci allontanano dalla visione diu na e stereotipata che abbiamo della nostra vita. Per due anni, dal 2006 al 2008, con una rubrica apparsa su "Vivere", il magazine de "La Sicilia" abbiamo creato uno spazio pubblico di riflessione sul potere occulto, e per tale motivo sottovalutato, della psiche inconscia sul nostro agire quotidiano.

Una riflessione immaginativa che, attraverso un proficuo e arricchente scambio con chi ci ha scritto, ha rinvigorito la nostra ricerca.

Dai lettori, abbiamo ricevuto centinaia di sogni (e di domande), ne abbiamo "estratto" una settantina. Chi sono stati i nostri sognatori? Quaranta donne e trenta uomini, fra cui due adolescenti che ci hanno raccontato la loro paura di crescere. Le donne ci hanno affidato le loro avventure quotidiane, farcite di "grandi temi" come l'amore o la morte, gli uomini le loro storie avventurose che mascherano sentimenti e slanci inespressi.


È la generazione che va dai 35 ai 50 anni ad essere più rappresentata nel nostro "campione": l'età in cui, raggiunti gli obiettivi principali nella vita, ci si ripiega su se stessi, cercando risposta a nuovi e antichi perché. Nei "nostri" sogni hanno trovato spazio temiimportanti come l'ambivalente e fortissimo rapporto con la madre, ma anche il viaggio come avventura esistenziale, la casa come luogo fisico e spazio interiore di ansie e conflitti. E ancora il corpo - irriconoscibile o familiare, stravolto o mutato -, il mare "grande madre", l'eros in tutte le sue forme. Una gran varietà e una grande ricchezza di temi che ci hanno anche spinto a elaborare successivamente un questionario al quale hanno dato risposta oltre 600 persone, che ci ha permesso di comprendere qualcosa in più sull'affascinante mistero del sogno.


Ecco perché, in questo blog, vi riproponiamo il nostro «viaggio» onirico.


Riccardo Mondo psicologo analista

Rossella Jannello giornalista e counselor






sabato 26 novembre 2011

IL MONDO ONIRICO TRA ARCHETIPI E TAROCCHI

In uscita il libro Sogno arcano,
per un ascolto immaginativo della vita onirica
Il sogno è un evento che ci accomuna tutti: accade spesso di svegliarsi turbati dal rebus di un sogno, da un intreccio incomprensibile, da “personaggi” sconosciuti. Ma che farne di questa produzione onirica? È il quesito da cui muove Sogno arcano, un ascolto immaginativo della vita onirica.
Spesso l’argomento sogni è liquidato nei giornali o nei libri con banalizzazioni semi-divinatorie e consigli finali sulla vita quotidiana, o, all’estremo opposto, con elevate speculazioni dottrinali poco utili al lettore e alle sue domande. Sogno arcano si muove attraverso questi due estremi, cercando soprattutto di accompagnare il lettore fra i meandri del suo sogno e farlo riflettere sui messaggi simbolici del suo inconscio. A fare da figura –guida in questo percorso Carl Gustav Jung: il Maestro di Zurigo, infatti, attraverso il processo dell’amplificazione, arricchiva le immagini oniriche dei suoi pazienti, servendosi delle immagini culturali provenienti dall’inconscio collettivo, come quelle dei Tarocchi.
Il campo dell’interpretazione dei sogni e quello dei Tarocchi, entrambi pieni di potenti immagini ed evocazioni, sembrano attrarsi naturalmente e arricchirsi l’uno con l’altro: dialogare con i propri sogni offre l’opportunità di scoprire nuove possibilità dell’esistere, ed è un processo che non riguarda solo chi frequenta la stanza della terapia. I Tarocchi, dal canto loro, parlano la stessa lingua del sogno con il loro ventaglio di immagini ricche di colori, di figure e di numeri; non a caso vengono chiamati Arcani, dal latino arcanum, segreto, poiché immagini segrete da scoprire  e comprendere.
Accanto alle testimonianze di tanti sognatori  suddivise per tematiche archetipiche (la Madre, il Corpo, la Casa, il Tempo, l’Ombra eccetera), e alle doppie riflessioni sui sogni, il libro presenta anche i risultati, a volte sorprendenti, di un questionario strutturato sui sogni, al quale hanno dato le loro convinte risposte oltre seicento soggetti.
Attraverso esempi e testimonianze concrete, gli autori dipingono un variegato affresco dal quale trapela l’articolata e complessa relazione del sognatore col mondo onirico. Un sognatore perennemente in bilico tra desiderio di perdersi nei meandri del sogno e paura di sprofondare nel suo inconscio.

[G. Iannello]

martedì 9 novembre 2010

Seconda puntata.

domanda
Ho 44 anni, sono sposata, ho due figli e un lavoro molto gratificante.
Sembra tutto a posto anche se da anni soffro di insonnia. Vorrei sottoporle un sogno ricorrente da circa un anno. Mi ritrovo a passeggiare in una strada sconosciuta piena di gente. Sono coperta solo da una leggera camicia da notte e sotto sono nuda.
Avverto un profondo disagio e mi vergogno tanto perché mi sento osservata e giudicata da tutti i passanti.

Francesca Marino




Svestiti fra la folla è un sintomo di disagio
Con il sogno di Francesca introduciamo il tema dei sogni ricorrenti. La domanda quando si ripete un sogno è: perché il nostro regista interno ci manda le repliche dello stesso film onirico? Evidentemente ci attrae ma non riusciamo a capirlo sino in fondo, quindi vi è la necessità di rivederlo.

In genere indica un grande tema psichico irrisolto della nostra vita. Se osserviamo con attenzione i sogni ricorrenti vi è sempre una qualche piccola variante nella nuova puntata che indica i tentativi della psiche di trasformarlo. Spesso se la problematica connessa viene elaborata o perde importanza nella vita diurna esso scompare progressivamente.
Nudo - Modigliani
Andare in giro poco coperti indica un senso di inadeguatezza. Svestiti tra la folla è sintomo di un disagio. Qui il tema ricorrente è sull’essere vestita in modo inadeguato al contesto. La scelta del vestito riguarda il modo in cui decidiamo di rappresentarci nell’ambiente sociale. Il modo di vestire determina il nostro apparire agli altri; se il corpo è assolutamente egualitario tramite i vestiti esprimiamo la nostra individualità.

Non a caso le culture totalitarie tendono a eliminare le varietà di fogge e colori dei vestiti per annullare le individualità, si indossano divise che uniformano e si puniscono le originalità.
Tramite gli abiti adatti quindi costruiamo la Persona (etimologicamente maschera teatrale), secondo Jung il modo sociale di comunicare con gli altri tramite ruoli e cariche rivestite nella vita pubblica.

I disturbi della Persona indicano un disagio nell’adattamento sociale che possono essere sia nell’assumere ruoli o per contro difficoltà a uscire da uno specifico ruolo. Ad esempio immaginate qualcuno che rimanga in giacca e cravatta d’estate in uno stabilimento balneare.
Nel sogno, Francesca è sola tra sconosciuti e indossa una leggera camicia da notte e nient’altro addosso. Qui bisognerebbe interrogarla a fondo sulla sua vita sociale, e su eventuali sensazioni di inadeguatezza. Il suo abito è inadatto al contesto in quanto abito da indossare in una situazione intima, per la notte appunto.

Con la camicia da notte non si va in giro ma si dorme, cosa che nella realtà Francesca ha difficoltà a fare. Il disagio è crescente, ci si sente osservati e coscienti che l’abito è troppo leggero a proteggere le parti psichiche più intime (la nudità) che rischiano di essere troppo esposte. Qui i sentimenti di disagio e di vergogna al giudizio altrui risultano essenziali; contengono le potenzialità trasformative per un atteggiamento sociale più armonico, che è equilibrismo continuo tra l’espressione dei propri bisogni e il rispetto di regole sociali.



Riccardo Mondo, psicanalista junghiano


Non temere il giudizio altrui 
E’ difficile essere giudicati, sostenere continui “esami” da parte di chi ci circonda.
Sentire di essere fuori posto, di essere inadeguati. Anche se il giudizio può essere la nostra forza. Come ci ricorda la XX carta dei Tarocchi, “Il giudizio” appunto. L’angelo dalle grandi ali dorate che suona la tromba avvolto in una nube azzurrina ne annuncia l’arrivo: è il momento della verità in cui ciò che è materiale viene separato da ciò che è spirituale. Ed è attraverso la sintesi dei contrari, del fisso e del mutevole, dello yin e dello yang, rispettivamente simboleggiati nella carta dall’uomo e dalla donna che escono dalla tomba, che nasce il nuovo essere: è il bambino in mezzo a loro, cui il padre e la madre guardano assorti in preghiera.
Il Giudizio


Una immagine apocalittica per descrivere una nascita importante: quella di chi ha intrapreso un cammino di trasformazione al termine del quale, pur senza dimenticare il suo essere nel mondo, con le sue regole e i suoi limiti, può vivere in una nuova dimensione, più vera e più “nuda”, come nudi sono i personaggi di questo arcano.


Seguendo le proprie aspirazioni e i propri convincimenti senza temere i cambiamenti e senza temere i giudizi altrui.
Per questo, nella carta, l’angelo ci guarda in faccia: per ricordarci di fare pace 
con noi stessi e di riconoscere i nostri desideri più profondi, agendo per soddisfarli.


Allora, e solo allora, il giudizio degli altri non ci farà più paura.
Rossella Jannello, giornalista e counselor

sabato 2 ottobre 2010

Prima puntata.

La domanda
Ho 47 anni, sono sposata, ho  tre figli e in questo periodo mi  sento abbastanza serena.
Eppure qualche settimana fa  un sogno è riuscito a turbarmi.
Sono a casa, e in un angolo  ci sono le “cose dei morti”,  come si usava a casa dei miei:  tra i giocattoli, ricordo, c’era  una tenda da indiano. Ma non  è ancora il periodo dei Morti.
Eppure mio figlio di 16 anni  prende i giocattoli e li porta in  piazza. Io mi arrabbio con lui,  penso che non sia giusto che  siano stati portati fuori prima  del tempo perché possono essere  rubati. Perciò dalla finestra  li controllo, ma poi non li vedo  più. Esco a cercarli...
Che vuol dire?



Francesca B.
Giocare con la morte esorcizza la paura
E' possibile estrarre un significato preciso e univoco da un sogno? Assolutamente no, il sogno come un prisma ha molte facce  e molti significati. Racconta Carl Gustav Jung, in  un suo libro, che una paziente  giunse agitatissima nel suo studio  confessandogli di avere  fatto interpretare un sogno a  diversi analisti, ottenendone  altrettante differenti letture.
Questo aneddoto ha una duplice  funzione: ci richiama a un’infinita  prudenza nell’interpretazione  e ricorda che l’importante  è attivare una riflessione immaginativa  sul tema che “il regista  onirico” ci consegna volta per  volta.
Questo varrà ancor di più nelle  nostre riflessioni sui sogni dove  ci focalizzeremo sul tema immaginativo  dominante. Come quello  che appare nell’interessante  sogno di Francesca, che ci  introduce al tema dell’incontro  con il mondo dei morti.
Le culture evolute onorano i  loro defunti rivitalizzandone la  memoria. È della nostra tradizione  “festeggiare i morti” nel  giorno a loro dedicato, che cade  proprio in questo periodo; la  commemorazione comprende  anche dolci rituali - da noi chiamati  “ossa dei morti” - e giocattoli  donati ai bambini proprio  come provenienti dai cari che  non ci sono più.
Incontrare defunti, ricevere  regali o misteriosi messaggi è  un tema frequente nei sogni.
L’elaborazione della morte, il  collegamento tra diverse generazioni,  il tentativo di superare  il limite imposto dalla realtà  ordinaria è un tema costante  che ritroviamo nell’attività onirica  come anche nelle fiabe, nei  miti e nei riti religiosi.
Il sogno conduce Francesca alla  sua infanzia, a quell’angolo dei  giocattoli che era comune a  tutte le case, che i bambini fantasticavano  venissero da un  altro mondo. Che genialità culturale:  connettere morte e  gioco, esorcizzare paure e angosce  creando un ponte con l’invisibile!
Oggi che dalla morte  come dal passato si fugge a  gambe levate. Tra i giocattoli di  Francesca, chissà il perché di  quella tenda indiana... forse una  casa primitiva? Tutto ciò richiede  intimità, cura, raccoglimento.
Ma l’adolescente porta troppo  presto tutto in piazza, e l’eccesso  di esposizione fa smarrire  il giusto valore delle cose. Forse  Francesca ha perso quella ritualità  ludica che caratterizzava la  sua infanzia, che il suo inconscio  ha oggi bisogno di rivisitare.
Sta tutto lì il conflitto nel  sogno: tra l’adolescente che  espone troppo e senza il giusto  tempo ma porta anche cambiamento  e un adulto che si indigna  passivamente, senza agire.
Non protegge ciò che ama, sta  alla finestra a guardare e perde  la sua memoria.
Nel sogno la perdita delle “cose  dei morti” implica dunque un  cambiamento, un’evoluzione  necessaria per fare in modo che  Francesca “esca per cercare”.
Nulla di cui turbarsi, dunque,  non bisogna avere paura dei  cambiamenti. La vita cambia e  ci cambia di continuo. Basta  saperlo accettare.



Riccardo Mondo
psicologo analista Aipa
Nell'arcano c'è la rinascita
Difficile non avere paura della morte e dei suoi simboli. Anche celebrando, come si fa da noi, la “festa dei Morti”, quasi per esorcizzarne il significato.
Eppure, la morte rappresenta una fine ma anche un inizio. Un passaggio di status, solo un cambiamento. Come ci ricorda la tredicesima carta dei tarocchi, l’Arcano che rappresenta appunto la Morte. Una carta a torto temuta ed evitata, come il numero 13 che la caratterizza. Ma la morte, e lo scheletro che in questa figura la rappresenta, altro non è, a ben considerare, che la rappresentazione di una rinascita. E per rinascere a una nuova condizione occorre prima “morire”. Una conquista non facile, ma indispensabile per rinascere “nudi”, senza il bagaglio di cose inutili accumulate “nell’altra vita”.
Abbandonando il modo abituale di vivere e pensare, i sistemi di valori che ci tengono prigionieri, le nevrosi che caratterizzando la nostra vita ci hanno reso schiavi di noi stessi e delle nostre abitudini, a favore di una nuova vita più “genuina”. “Morte”, dunque, come tappa dolorosa, ma necessaria e feconda, per intraprendere un cammino di conoscenza. Un lavoro di pulizia, una rivoluzione necessaria per il rinnovamento e l’ascesi che condurranno gradualmente a una nuova libertà e alla realizzazione di sé. Ecco perché, nella cruda rappresentazione degli arcani, nel campo dove la Morte miete con la sua falce, spuntano già i “germogli” di una nuova umanità. Il lavoro è duro, non è semplice dire addio, ma la posta in gioco è importante: una vita più piena e più aderente a sé.



Rossella Jannello
giornalista e counselor
da <Vivere> del 26-11-2006

lunedì 6 settembre 2010

Dimmi cosa sogni e ti dirò chi sei

Chi non si è mai svegliato turbato dal rebus di un sogno? Da un intreccio incomprensibile? Da “personaggi” sconosciuti?

Come creata da un regista cinematografico ecco giungerci la nostra personalissima produzione onirica dalle profondità della psiche. Scene “in presa diretta” con sequenze di immagini e testi originali, eventi shock con violenze inenarrabili, amori romantici o trasgressivi. Sollevata la polvere dell’oblio facciamo gli incontri più disparati; antichi compagni di scuola, personaggi celebri, i nostri defunti, personaggi assolutamente sconosciuti, e animali, piante, fiori e tutti i possibili ibridi tra queste figure… Nessun limite di spesa, per la creazione dei nostri sogni, qualsiasi cast può essere ingaggiato. Tutto può accadere, l’impossibile diviene naturale e scardina le nostre consuete chiavi di lettura del reale. Sognano i bambini e ancor più i neonati e persino gli embrioni nell’utero e pare che sognino gli stessi animali.

Il sogno è un evento che ci accomuna tutti.

Ma che farne? Normalmente siamo soliti liquidarlo con una alzata di spalle che accompagna la classica espressione “in fondo è solo un sogno...” Infatti la maggior parte dei sogni, in particolare quelli quotidiani, viene considerata priva di significato. Ma le più disparate tradizioni culturali lo considerano fonte inesauribile di conoscenza, ad esempio nel Talmud sta scritto che un sogno non interpretato è come una lettera mai aperta.

Sogno causato dal volo di un ape
Salvador Dalì
Ma che significano quindi i sogni e perché si avverte sovente una necessità di raccontarli? Nella vita di ogni giorno vengono intercalati durante una ordinaria conversazione, parlando di un amico ci si ricorda di averlo appena sognato, altre volte si sente l’urgenza di raccontarli appena svegli al coniuge, o si urla nella notte come i bambini che richiamano i loro genitori per raccontare terrificanti incontri onirici.
La narrazione spontanea dà un senso di sollievo all’individuo che ha sognato qualcosa di incomprensibile; come se si andasse inconsciamente alla ricerca di un interprete che ci fornisca gli elementi per soddisfare le curiosità o lenire l’angoscia dell’incomprensibile messaggio notturno.

La narrazione del sogno diventa la prima parte del lavoro terapeutico sui sogni che propone la psicologia psicodinamica, poi è necessaria una raccolta di informazioni sui collegamenti del sogno con la vita personale del sognatore, e una riflessione conseguente che comprenda alcuni dei significati psicologici possibili. È possibile affermare che il lavoro sui sogni rappresenti una possibilità di sperimentare l’elaborazione di conflitti irrisolti, di prospettare soluzioni alternative talvolta anche originali al quotidiano esistere o anche semplicemente di vedere sotto una luce diversa persone o fatti della propria vita.

 Tutte le informazioni contenute in un sogno sono essenziali alla comprensione del sogno e bisogna star lì, immersi nella profondità delle immagini che appaiono per dare significato all’esperienza del sogno.
James Hillman
James Hillman, allievo di Jung e fondatore della psicologia archetipica, in una sua recente intervista denuncia che la maggior parte dei terapeuti non lavora più con i sogni. Se così fosse, significherebbe che il materialismo e il concretismo della nostra epoca ci sta invadendo oltre ogni limite, che gli psicoterapeuti rinunciano al sogno e alla forza trasformativa dell’immaginazione e che quindi stiamo perdendo capacità di sviluppare pensiero divergente, nuovo, creativo.
 Per questo non dobbiamo smettere di ascoltare i nostri sogni e se possibile dobbiamo “dialogare” con essi. Per scoprire nuove possibilità dell’esistere. Dialogare con i sogni: proprio quello che abbiamo cercato di fare con la nostra rubrica.

Riccardo Mondo




La via degli Arcani


Perché parlare di tarocchi in queste pagine dedicate ai sogni? Perché queste carte possono aiutarci a fare luce in quella ineffabile materia. Sì: le ventidue carte dalle antichissime e misteriose origini che siamo abituati a vedere nelle mani di cartomanti e maghi non servono solo a “sapere”. I ventidue arcani (dal latino arcanum, segreto) servono soprattutto a “vedere”, vedere dentro di noi.

Una “scoperta” che fece già il filosofo e medico psichiatra Carl Gustav Jung che definì i tarocchi “uno strumento di luce” anche a scopo psicoteraputico. I 22 arcani maggiori tradurrebbero in immagini, secondo Jung, gli archetipi, cioè i modelli di  

L'eremita
comportamento, i “grandi temi” come vita, amore o morte comuni a tutte le civiltà. Una traccia sottile, questa di Jung, ripresa in questi ultimi anni dalla filosofia new age e da contributi come quello di Jodorowski, il geniale regista e intellettuale che ai tarocchi ha dedicato quasi mezzo secolo di vita. Per lui, che attraverso una capillare opera di divulgazione ha definitivamente sdoganato i tarocchi da maghi e ciarlatani, gli arcani altro non sono che uno strumento di meditazione, una sorta di specchio che si tramuta in quello che ci si vede dentro.

Un modo per aiutarsi a riflettere, comprendere, capire.

Questa sorta di “libro che parla facendoci pensare” ci ha aiutato anche a riflettere sui sogni. Ed è stato proprio l’arcano n° 8, l’Eremita, a guidarci nel nostro viaggio. E’ un uomo solo, il cui cammino è rischiarato soltanto dalla luce di una lanterna. Senza passato e senza futuro. Un uomo in bilico, un uomo in crisi, forse, ma sicuramente in movimento. Un uomo che vuole cambiare, attratto dalle diversità, alla ricerca della “sua” strada. Anche attraverso un sogno.
 



Rossella Jannello




Scoop - Woody Allen
Arcani e Cinema
I tarocchi? Non sempre parlano “magico”. Le 22 enigmatiche carte compaiono anche in altri luoghi.
Castelli di arcani costituivano per esempio la scenografia dell’ultimo memorabile tour di Fabrizio di Andrè.
E anche il cinema se n’è servito di tanto in tanto. Come nel film di Woody Allen, “Scoop”, dove la vicenda giallo-comico-sentimentale ruota attorno al misterioso “killer dei tarocchi”. 
Alle "carte" sono dedicati anche numerosi libri, tra cui il romanzo di Kate Mosse "L'Ottavo Arcano".





Sigmund Freud
Le origini
Nel 1899 Freud pubblicò “L’interpretazione dei sogni”, libro che 
inaugurò l’uso del sogno con finalità terapeutiche. Il sogno per Freud presenta un contenuto manifesto che permette l’appagamento psichico sotto forma di un mascheramento dei nostri desideri, che è possibile svelare alla coscienza dell’individuo. La sua interpretazione renderebbe conoscibile la conflittualità presente alla radice della nostra vita pulsionale, un’essenza fatta di desideri, competizione e lotte.